Sono tanti gli elementi che possono provocare dubbi e perplessità nella tragica storia dell’Airbus tedesco schiantatosi sulle montagne francesi: una tragica storia che ha dell’incredibile, ma che è realmente accaduta. Un co-pilota depresso in preda alla follia? Inquirenti e testimonianze avvalorano questa tesi, e più si va avanti, maggiormente e proporzionalmente (se così è) crescono le responsabilità di una Compagnia aerea che non segue con la dovuta attenzione i dipendenti che hanno nelle loro mani, anche se per breve tempo, la vita di decine e decine di persone, quanti compiono un viaggio aereo. Credere, dunque, ipso fatto alla follia del “singolo” nella tragedia della “Germanwings” equivale a porre sulla graticola colui o coloro che hanno assunto quel giovane ventottenne quale co-pilota di un Airbus: un atto di leggerezza o di sproporzionata incoscienza.
Ora si apprende (come riferisce l’Agenzia Ansa) che “Andreas Lubitz era stato “più volte retrocesso” durante l’addestramento al volo di Lufthansa, che ha frequentato dal 2008. Lo scrive il tabloid Bild citando fonti della compagnia: nel 2009 gli è stato diagnosticato ‘un grave episodio depressivo poi rientrato’ e sarebbe stato sotto trattamento psichiatrico per un anno e mezzo”. Il quotidiano tedesco “Spiegel online” riferisce che gli inquirenti della Procura di Dusseldorf hanno trovato indizi di una malattia psichica di Andreas Lubitz, nella perquisizione della sua casa, mentre il settimanale “Bild” informa che Lubitz sei anni addietro era stato giudicato “in parte non idoneo al volo “.
Appare quantomeno curioso che queste importanti notizie affiorino solo oggi, a conclusione dell’ultimo volo dell’Airbus e dopo che sono decedute 150 persone: è razionalmente possibile che chi assume il personale di volo della “Germanwings” non fosse stato al corrente delle condizioni psicofisiche di Andreas Lubitz? Con quali criteri vengono assunti i piloti di una Compagnia aerea ritenuta oltremodo affidabile sul mercato mondiale? Si risponde: Andreas Lubitz aveva superato brillantemente tutti i test medici e psicologici e volava con la compagnia Lufthansa dal settembre del 2013, raggiungendo le 630 ore di volo. Il tabloid “Bild” afferma, citando fonti della Compagnia, che il giovane era stato “più volte retrocesso” durante l’addestramento al volo di Lufthansa, che aveva frequentato dal 2008: “Nel 2009 gli è stato diagnosticato ‘un grave episodio depressivo poi rientrato’ “. In totale sarebbe stato sotto trattamento psichiatrico per un anno e mezzo.
Se così è – e sarà la magistratura tedesca a chiarire le cose – cadrà il mito dell’efficienza tedesca, soprattutto ne risentirà la Lufthansa. Un prezzo alto da pagare, e forse per questo motivo che i “complottisti” di turno non credono che sulla vicenda sia stata detta (almeno fino ad ora) “tutta” la verità: sarebbe troppo “semplice” scaricare la responsabilità della sciagura “voluta” su una persona della quale era noto il curriculum professionale.